“La donna del ritratto” di Kate Morton e la fotografia vittoriana
Una fotografia color seppia, ritrovata casualmente nell’archivio in cui lavora. E’ così che Elodie Winslow si trova tra le mani l’immagine magnetica di una belllissima ragazza, risalente all’epoca vittoriana. Chi è la giovane donna e perché la sua foto si trovava insieme al disegno di una casa che ad Elodie ricorda tanto quella di una favola della sua infanzia? Queste le domande che la porteranno a Birchwood Manor, una tenuta di campagna nell’Oxfordshire, dove una verità sepolta da lungo tempo attende solo di essere svelata.
Era giovane, con i capelli lunghi, chiari ma non biondi, raccolti in parte in uno chignon; lo sguardo era deciso, il mento un po’ sollevato, gli zigomi alti e le labbra arricciate in un’espressione di sollecitazione intelligente, forse persino di sfida. La posa era insolita quanto il soggetto: la donna non sedeva su un divano o davanti un fondale dipinto, com’era tipico nei ritratti vittoriani, era all’aperto e immersa nel verde, un ambiente che suggeriva movimento e vita.
Elodie scoprirà che proprio in quella tenuta di campagna nell’estate del 1860 un gruppo di giovani artisti si riunì per trascorrere un mese di libera creatività, a stretto contatto con la natura, lontani dai condizionamenti sociali della Londra dell’epoca. A guidare il gruppo, il carismatico Edward Radcliffe, all’epoca promettente e talentuoso pittore ventenne. L’esperienza purtroppo finì in tragedia. Una donna morì, un’altra scomparve senza lasciare traccia e nessuno seppe mai cosa accadde davvero.

La donna del ritratto di Kate Morton. © Alessandro Vinci
Una storia che è celebrazione dell’arte e della creatività, e che denota la grande passione dell’autrice per il periodo vittoriano e per il mondo delle arti in generale, che l’ha spinta a creare dei personaggi ispirati – come lei stessa ammette in una nota a fine libro – ai pittori preraffaelliti e ai primi fotografi: Julia Margaret Cameron, Charles Dodgson e Mathew Brady.
La narrazione ci trasporta nel cuore del periodo vittoriano, in una confraternita di giovani artisti. Si tratta della Confraternita Magenta, che celebra la sensualità e il movimento, conferendo grande centralità alla luce.
«C’è qualcosa di commovente in quella luce, non credi?»
«Il fotografo sarebbe stato felice di sentirelo dire. La luce era una delle loro fisse. Presero il nome dalla ruota cromatica di Goethe: l’alternanza di luce e buio, l’idea che esistesse un colore occulto nello spettro, nell’intervallo tra il rosso e il viola, che chiudeva il cerchio. Bisogna ricordare che il loro fu un secolo di progresso esplosivo in campo scientifico ed artistico, con ramificazioni in ogni direzione. L’evoluzione tecnologica aveva aperto la fotografia a impieghi senza precedenti, con manipolazioni della luce ed esperimenti nei tempi di esposizione per creare nuovi effetti.»
Al loro interno assistiamo ad un acceso dibattito sul valore intrinseco della fotografia, sul suo ruolo sociale e sulla pretesa di essere considerata una vera arte. Felix Bernard, fotografo del gruppo, ambisce a dimostrarne il potenziale artistico, rifiutandosi di cedere alle teorie dei suoi colleghi secondo cui si tratterebbe solo di scienza.
«Posso concedere che le fotografie siano strumenti utili per riportare notizie e avvenimenti, per agire come…come…» «Occhio della storia» suggerì Lily Millington. «Sì, grazie, Lily, come occhio della storia. Ma non sono arte.» «Un giorno l’immagine fotografica sarà onnipresente. Le macchine saranno così piccole e compatte che la gente le porterà al collo con una tracolla.»Thurston alzò gli occhi al cielo. «E avranno anche i colli più forti, immagino, questi straordinari uomini del futuro? Felix, parlando di onnipresenza stai dando ragione a me. Avere un obiettivo da puntare non ti rende un artista. Un artista è un uomo che vede la bellezza in una coltre di zolfo, dove gli altri vedono soltanto inquinamento.»
Un viaggio nel mondo estetico ed intellettuale dell’epoca, dove c’è spazio per un amore travolgente, quello dell’artista verso la sua musa, e per una verità che chiede a gran voce di essere dissotterrata.
C’era qualcosa nel loro modo di stare insieme, come se nel vagone non ci fosse nessun altro, che faceva venire voglia di guardarli.
Kate Morton, autrice australiana di bestseller di grande successo, con dieci milioni di copie vendute nel mondo, con “La donna del ritratto” (puoi acquistarlo cliccando qui) riconferma il suo indiscutibile talento, la capacità di dar vita ad intrecci emozionanti, a personaggi di spessore, ad atmosfere suggestive e cariche di fascino. I luoghi, come spesso accade nei suoi romanzi, prendono vita, si animano, conducono il lettore in un mondo parallelo, dove c’è spazio per i grandi sentimenti, che resistono anche allo scorrere inesorabile del tempo.
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Laureata in Psicologia – la sua più grande passione dopo la letteratura – si definisce una lettrice compulsiva e un’accumulatrice seriale di libri. Book blogger e bookstagrammer, nel suo blog – La ragazza che annusava i libri – si occupa dal 2014 di recensioni, anteprime editoriali, interviste, approfondimenti sull’universo letterario e su tutto ciò che ruota intorno al mondo dei lettori. Oltre a parlare di libri, fotografarli e annusarli, colleziona tazze sbeccate, penne colorate e attimi di poesia.
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