Richard Avedon: La sostanza dei sogni – I Grandi Fotografi
“Un ritratto non è una somiglianza. Il momento in cui un’emozione o un fatto viene trasformato in una fotografia non è più un fatto ma un’opinione. In una fotografia non esistono cose come l’imprecisione. Tutte le fotografie sono esatte. Nessuna di esse è la verità.”
Chi ama la fotografia con la effe maiuscola, non potrà non amare Richard Avedon. Non potrà non apprezzare il lavoro di colui che, più di chiunque altro, ha rappresentato il modello del fotografo di moda e ha realizzato alcuni dei più celebri ritratti fotografici di tutti i tempi. Nato a New York il 15 maggio 1923, Avedon è a tutti gli effetti il prototipo del fotografo ritrattista del 20° secolo, sebbene il suo lavoro affondi profonde radici nel passato, e le sue influenze appaiano molteplici e palesi. Di famiglia russa di origini ebree, la futura star della fotografia mondiale comincia presto a cimentarsi nell’arte fotografica, e durante la seconda guerra mondiale, arruolatosi nella Marina Militare come fotografo, dà subito prova della sua innata propensione al ritratto, scattando le foto identificative delle reclute. Finita la guerra, fa ritorno negli Stati Uniti e decide di frequentare un corso presso la New School for Social Research. Ed è qui che il destino gli offre l’occasione della grande svolta. Tra i docenti della scuola infatti, figura il nome di un certo Alexey Brodovitch, che oltre ad insegnare nell’istituto è anche art director del magazine di moda Harper’s Bazaar, leggendaria rivista al femminile che si è sempre distinta per la sua sofisticata eleganza e per l’autorevolezza nel dettare le regole del gusto e nel creare nuove tendenze di stile. Ben presto, Brodovitch annusa il talento smisurato di Avedon e gli apre la strada verso il magazine, dandogli modo di esprimere appieno le potenzialità innate e di dare il via a una carriera professionale e artistica che ha del miracoloso, innescando una vertiginosa ascesa che si interromperà solamente con la sua morte.

Elizabeth Taylor (1964)

Marilyn Monroe (1957)
Con la sua capacità di stupire, Avedon riuscirà a sovvertire i canoni, i modelli e le categorie proprie dell’estetica del ritratto di moda, con un approccio totalmente originale. L’inclinazione fortemente teatrale di Avedon avrà un influsso decisivo nei confronti delle sue muse, e presto le renderà delle vere e proprie attrici, delle perfette interpreti che si muovono con disinvoltura all’interno delle messe in scena create di volta in volta dal fotografo/regista. La sua è una fotografia cercata, costruita, provocata, poiché “proprio nel rapporto tra il fotografato che recita e il fotografo che assiste a quella recita”, come dice Scianna, “sta il senso di ogni ritratto”. La sua continua ricerca, lo porta a fotografare un numero infinito di personaggi, dall’operaio al detenuto, dal macellaio alla cameriera, al minatore. Un caleidoscopio di volti, una girandola di sguardi, di pose, di movenze, di espressioni. Un potpourri di immagini nitidissime e solo apparentemente oggettive e neutre, che invece vanno lette e interpretate nella logica di una visione personalissima dell’autore, che realizzandole ci offre una sua idea del mondo, una sua concezione della storia, e un suo preciso punto di vista sugli esseri umani. I suoi soggetti sono ritratti con brutale precisione, con una durezza al limite dello spietato, con una ricchezza di particolari che non lascia dubbi sulla natura stessa dell’essere umano, fatta di carne e sangue, viva, pulsante, vera. E per accentuare l’effetto di nitidezza, di più vero del vero, sceglie uno sfondo di colore bianco, che non interferisca in nessun modo col soggetto ritratto, l’unico e il solo protagonista della scena, e registra il tutto con una fotocamera di grande formato, quasi sempre una 20×25, che fornisce immagini ad altissima definizione. In quasi 50 anni di attività ininterrotta, percorsa, attraversata e a volte posseduta dal demone della competizione, Avedon ha immortalato moltissime star e personalità della sua epoca: Elizabeth Taylor, Andy Warhol, Marilyn Monroe, Buster Keaton, Audrey Hepburn, Ezra Pound, Eisenhower, i Beatles, Brigitte Bardot, Sophia Loren, solo per citarne alcuni. E ognuno di questi ritratti ci restituisce un tocco felice, privo di sbavature, una tecnica magistrale unita alla grazia naturale di un maestro assoluto, di un immenso talento che si è sempre alimentato nello studio, senza mai rinunciare alla necessaria immediatezza e all’istintività.

Ronald Fischer (1981)

Bob Dylan (1965)
Il lavoro di Avedon è vasto, articolato e complesso, un mix di stile controverso e indiscutibile talento per il bello, il frutto dell’attività incessante di un infaticabile sperimentatore. I suoi scatti sono un documento prezioso, la cui unicità risiede nel loro modo di restituirci i soggetti, che magari non appaiono come effettivamente sono, ma rispecchiano perfettamente ciò che desidererebbero essere. Perchè, come non c’è raffigurazione oggettiva che non nasconda una seppur minima menzogna, non c’è immagine costruita che non contenga un fondo di autenticità. E questo rende vane e vuote le critiche che tendono a legare indissolubilmente il concetto di fotografia a quello di verità e di oggettività. Tutte le immagini da lui concepite sono il risultato di tagli, ritocchi, giustapposizioni, successivi a lunghe sedute di shooting in cui il fotografo spinge il fotografato a liberarsi del proprio corpo e a lasciarsi guidare dal proprio istinto, dalla propria indole, dalla propria natura, ma sempre sotto la sua direzione, la sua supervisione. Il suo progetto più famoso, The American West, è un avvincente inventario di volti, nel quale il grande autore ha fissato per sempre gli sguardi attoniti degli operai del west, dei vagabondi, dei disadattati, scelti uno ad uno tra la folla, nelle stazioni di servizio, nelle fiere di paese. Un totale di 762 scatti, perlopiù ritratti di gente comune, che danno vita a un progetto grandioso, che rappresentò, ad un tempo, un punto di svolta per la sua carriera e la sua consacrazione nell’olimpo della fotografia mondiale. E’ l’opera della maturità, il capolavoro di un artista sessantenne la cui fama non conosce confini o limiti temporali. Lo stanno a dimostrare, a più di dieci anni dalla morte, l’immutato interesse per le sue iconiche immagini, battute all’asta per cifre record, e le infinite ripetizioni degli schemi formali da lui creati, vero grande punto di riferimento per milioni di fotografi che si avventurano nell’impervio cammino della fotografia di moda e di ritratto. La sua scomparsa ha lasciato un gigantesco vuoto nel mondo della fotografia, ed in generale nell’universo della moda e dello show business. Un vuoto che nessuno è ancora riuscito, neppure in parte, a colmare.
© Mario Di Salvo 2018 – Tutti i diritti riservati
Visita anche il sito della fondazione a lui dedicata: www.avedonfoundation.org
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